Se l’amico Cortázar viene chiamato “autore di culto”

Amicissimi del Cortázar, buongiorno.

È venerdì 13 giugno, ieri sono cominciati i mondiali di calcio brasiliani, domani esordisce l’Italia, potremmo chiedere di meglio?

Anche sì.

Leggere qualche libro, per esempio.

Questa faccenda del centenario è meglio del Cialis, le case editrice espellono Cortázar a ogni piè sospinto, nei primi sei mesi del 2014 sono usciti sette libri cortázariani: inediti, nuove edizioni, interviste. Scandagliamoli.

L’altro lato delle cose. Intervista

Per i tipi di Mimesis è diventata libro l’eccezionale intervista del 1977 condotta da Joaquín Soler Serrano per la trasmissione televisiva “A Fondo” (tra gli altri furono ospiti Borges, Rulfo, Dalì, Paz, Carpentier. Il loro archivio è fenomenale).

Storie di cronopios e di famas

Nuova edizione, Einaudi.

Lezioni di letteratura, Berkley 1980

1980, Cortázar è in California per un ciclo di lezioni universitarie. E le lezioni diventano dialoghi. E i dialoghi diventano un libro. Einaudi.

Un certo Lucas

Ne hanno parlato anche i social sassi. Tra letture collettive e presentazioni è arrivato Lucas, a portarcelo le Edizioni Sur.

I racconti

Quasi milletrecento pagine, tutti i racconti di Cortázar, volume da collezione. Einaudi.

Tutti i fuochi il fuoco

Nuova edizione, Einaudi.

Bestiario

Nuova edizione, Einaudi.

E non è finita, nossignori: ad agosto Chi scrive i nostri libri, secondo volume di una ideale trilogia epistolaria del Nostro, Edizioni Sur.

La domanda è: siamo contenti di questa orgia libresca e cortázariana?

La risposta dovrebbe essere: certo che sì!

Eppure, qualcuno abbozza un ragionamento, muove una critica, traspare intolleranza.

È il caso del cappello introduttivo (cappello introduttivo non se l’aspettava nessuno, vero?) alla recensione di Storie di cronopios e di famas apparsa recentemente sul blog letterario 2000 battute, cito: «Prima di dire qualcosa del libro dopo averlo letto, vorrei dire qualcosa del libro prima e durante la lettura. Già, perché sta crescendo, in me, una certa insofferenza per l’iconografia commercial-popolare che è montata attorno a Julio Cortázar.

Non che lo si sia scoperto ora, Julio Cortázar, ma tra la ormai sparuta popolazione sopravvissuta dei lettori italiani dignitosi, la mefitica categoria commercial-popolare dell’autore di culto sta tornando con vigore a riappropriarsi di Julio Cortázar. È del tutto evidente che, nella steppa del mercato editoriale, si proceda a colpi di autori di culto, come borsette di culto, scarpette di culto, automobili di culto e così via. Di esempi ce ne sono decine. Diventano tutti autori di culto quelli che vendono un po’ di copie o sui quali gli editori puntano per vendere un po’ di copie, ma anche quelli sui quali recensori, opinionisti e comuni social-lettori si slanciano tutti insieme per esultare come a un gol della nazionale o palpitare teatralmente e di comune accordo come al termine di una puntata della serie (ovviamente) di culto oppure anche come buoni salotti letterari che vivono sugli autori di culto, che altrimenti di che si parla? Ecco, a me questa faccenda degli autori di culto non piace, forse perché ci sento puzza di pubblicità e di persuasori occulti o come minimo di salotti con i pasticcini. Non mi piace il culto di Foster Wallace e men che meno dei suoi molto più modesti epigoni americani, di Bolaño (nonostante sia un grandissimo), di Carrère (che secondo me è un furbastro) etc. etc. A me non piacciono i culti, tanto meno gli autori di culto, incluso quindi Julio Cortázar, anch’esso un grandissimo scrittore, penso io, anche se talvolta più un sublime talentuoso della parola che un romanziere. Rayuela è uno dei romanzi più affascinanti che abbia letto, il resto dell’opera di Cortàzar che conosco è talento arguto, non arte del romanzo. Ma tant’è, io sono e rimango un irriducibile bernhardiano, quindi cisposo, rampognante, egocentrico, prosciugato, malmostoso, visceralmente misantropo e divorato da una passione amorosa tormentata e repressa».

Vi lascio con questo input, amicissimi cortázariani.

Ragioniamoci sopra, se ci aggrada.

I miei due centesimi: il culto non è una colpa, innanzitutto. E la discriminante quando si parla di letteratura è solo una: leggere. Se ho letto posso unirmi al coro della curva Julio Cortàzar. Oppure fischiare e fare le canzoncine per Thomas Bernhard. Le logiche di mercato o quelle editoriali sono un altro discorso, di cui peraltro il cultore – quello vero, quello che legge perché apprezza – beneficia. Che a noialtri lettori è stato dato il potere più grande: leggere, smettere di leggere.

ah, mi vedo nel firmamento letterario alla voce autore di culto!
ah, mi vedo nel firmamento letterario alla voce autore di culto!

4 pensieri su “Se l’amico Cortázar viene chiamato “autore di culto”

  1. Buongiorno carissimi, Cortàzar l’ho scoperto (Rayuela, Tanto amore per Glenda, Cronopios y Famas, e altri seguiranno) leggendo la mitica intervista rilasciata a Larry McCaffery (è su internet) da Wallace che ritengo essere il maggior talento letterario degli ultimi due decenni. Il “culto” come tributo di venerazione è una cazzata, indotta con ogni probabilità per fini commerciali. Ma attenzione a non sottovalutare i valori in quanto tali e il conseguente genuino apprezzamento manifestato da lettori non manipolabili. Cordiali saluti.

    Enrico

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  2. L’irreprensibile Bernhard! Non sapevo fosse anche uno scrittore… (cit.)
    L’unica colpa che vedo nel “culto” è quell’alone di grandezza che per molti circonda il nome di un autore che non hanno mai letto: per cui, concordo, l’unica discriminante è leggere.
    Magari Cortázar non sarà un romanziere in senso stretto, ma non tutti gli scrittori lo sono, per fortuna. E non tutti i romanzieri sono scrittori grandi come il Nostro…

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  3. Mi trovo ancora qui, per caso. DFW autore di culto? No, nessuno dovrebbe essere tale. Lui lo è stato, forse, per certi nerd universitari Usa. Ma diamoci da fare per conoscerlo nella sua grandezza fatta di umanità, e nulla più. Leggere Solomon Silverfish, dove la malattia diventa amore, è una semplice, struggente lezione di vita. Davvero.

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